DOSSIER: "L'occidentalizzazione del mondo"
H. Odz : "Dalla mondializzazione…alla occidentalizzazione"

Voler imporre agli uomoni un modo d'essere straniero è un grave errore, che lungi da arricchire il patrimonio culturale dell'umanità lo impoverisce prodigiosamente. [ Amadou Hampâté Ba ]

Una mondializzazione ineluttabile[1]

 

Ogni società è costituita in modo da essere spinta, se non a migliorare, a mutare. Ciò è inevitabile. Uno dei progressi tecnici più recenti è la terza rivoluzione tecnica (dopo l’invenzione della macchina a vapore e il motore a combustione), la comunicazione in tempo reale. Quest’ultima, combinata con l’evoluzione dei trasporti rapidi, partecipa in larga misura alla messa in opera della mondializzazione. Che dire di ciò? Se non si può criticare il fatto che l’uomo voglia comunicare, si può però rilevare che i modi di tale comunicazione possono lasciare a desiderare.

 

Un’occidentalizzazione del mondo

 

Da qualche anno, come tutti sanno – almeno nelle nostre società – il dibattito più “ in ” è quello della mondializzazione. Si riscontra in tale idea la dialettica, precedentemente evocata, fra la globalizzazione, per un verso, che tende a uniformare il mondo per facilitare gli scambi economici, e per l’altro il giovane movimento altermondialista che torna alla radice delle pratiche locali.
Parrebbe in realtà esagerato parlare negativamente delle mondializzazione, che di base consiste nel processo di “ rendere mondiale ”, cosa che non è necessariamente peggiorativa. Il punto è sapere ciò che si rende mondiale e come lo si rende. E questo il punto dolente . Mi pare che, allo stato attuale, sia un insulto per il mondo parlare di mondializzazione, poiché questa si compie che a senso unico : si mondializza solo la cultura occidentale. Ecco perché per lasciare tranquillo il povero mondo si dovrebbe invece parlare di occidentalizzazione. Certo, i più veementi reclameranno che si parli di “ americanizzazione ”, ma non si deve dimenticare la responsabilità degli europei (gli europei hanno agito e agiscono tutt’ora in Africa allo stesso modo degli USA in America latina o in Irak). Gli americani non sono che dei surrogati degli europei, da cui non hanno mai cessato, in fondo, di distaccarsi emulandoli (cercando, in qualche modo, di fare meglio del proprio padre).
Permane, nella visione dei nostri uomini politici e nel loro modo di condurre il mondo un’attitudine “ occidento-centrica ”, nell’applicare la politica di “ quel che va bene per me andrà bene per gli altri ”. Ma, per l’appunto, gli altri sono altri con le loro culture, le loro pratiche e i loro filtri. Non andiamo né tutti alla medesima velocità, né tutti nella medesima direzione.

Verso un’identità doppia ?

 

L’idea di identità implica una dialettica : da un lato permette di raggruppare un certo numero di persone che condividono delle idee, che hanno una cultura in comune. D’altra parte implica la distinzione e la singolarità (si parla dell’identità propria di qualcuno o qualcosa).
Si può dire che oggi tale dialettica sia, al contempo, esacerbata e contemporaneamente spostata su un altro terreno ; queste due accezioni si contrappongono portando questa opposizione al parossismo.

Pare che l’uomo, attualmente, si costituisca come un’identità mondiale. E per questo che conviene fare attenzione che questa identità mondiale, di uomo-mondo, non sostituica l’identità locale, propria di ognuno, a priori. Mi pare che ciascuno sarà portato a coltivare una duplice identità, alo stesso tempo globale (assestata particolarmente dai media, dal liberalismo, dal sedicente sviluppo durevole…) e locale, dato che il quotidiano si inscrive per la maggior parte nello spazio locale.

 

Mondializzazione e universalismo

 

La mondializzazione pone un problema etico : si deve mondializzare ? Mondializzare provoca il rischio di accelerare l’evoluzione di alcune società – grazie alla gentilezza näif delle loro omologhe che si credono sviluppate – conducendole a saltare alcune tappe e portandole verso una finalità che non sarebbe forse stata la loro se avessero potuto seguire la loro evoluzione. In questo caso la mondializzazione assomiglia di più ad un universalismo imposto dalle società dette sviluppate, ad una occidentalizzazione del mondo.

Il denaro fa la felicità !

L’occidente falsa il rapporto col mondo facendo credere che se si ha l’ultimo disco di Britney S., l’ultima macchina di Whirlpool o il gas a tutti i piani, allora sono, o – se fossi normale – sarei felice. E pressocché matematico. L’illusione dell’occidentalizzazione del mondo si colloca qui : il piccolo africano che non si dimena con Britney S. attraversando la savana, l’aborigeno australiano che non cerca l’elettricità per allacciare il suo mixer, o il pigmeo che non prende Slimfast, non può essere, ai nostri occhi di occidentali, pienamente felice. In occidente siamo riusciti a costruire una società che può essere illustrata dall’adagio : se il denaro non fa la felicità, vi contribuisce grandemente. E questo, forse, uno dei tratti più disfunzionali della nostra società occidentale.

 

L’ipocrisia del globale

Credere al globale è in definitiva una forma di ipocrisia verso i “ padroni del mondo ” ch, loro soli, sono gli attori globali del pianeta. Ma quanti sono gli individui di questa élite che si spartiscono il 90% dei capitali mondiali? Di fronte a loro si trova la moltitudine, i miliardi di uomini, attori piccoli sulla grande scala, per cui la vita è quotidianamente locale. Il globale, se esso riguarda tutto il mondo, non è veramente attuato che da alcuni soggetti, che sono d’altronde, il più delle volte, attori economici per i quali l’occidentalizzazione dei modi di vita e delle culture è un fatto assai pratico che permette loro di aumentare il profitto diminuendo le spese.

Traduzione a cura di Matteo Bortolon

 

NOTA
[1] Solitamente in francese mondializzazione (“mondialisation”) è sinonimo di globalizzazione (che è termine di origine prettamente anglosassone). Nell’articolo l’autore usa i due termini con sfumature differenti, indicando col primo il semplice farsi mondiale, planetario di qualcosa ; con l’altro il fenomeno attuale.